domenica 1 giugno 2014

TRASFERIMENTO!!


ATTENZIONE


Dopo tanti anni di onorato servizio e più di 4500 visite, "Una mela al giorno" chiude i battenti... ci dobbiamo salutare? Ma no! Il blog rinasce più forte e più bello di prima a questo indirizzo, con il nome POST IT! 

Vi invito a seguirmi lì!



martedì 13 maggio 2014

[provini WritersXfactor] Daniela Vasarri

Nome: Daniela Vasarri
Età: 56
Provenienza: Milano

ELENA

"L'aurora rischiarava le sagome dei palazzi della città. Iniziava ad albeggiare e una luce brillante rendeva tutto più definito, netto. La notte stava ritirando veloce il suo buio, come se il sole prepotente volesse scacciar via le tenebre. Elena socchiuse gli occhi e respirò a fondo l'aria ancora frizzante della notte. <<E' ora di muoversi>>, disse."

Raccattò la borsa da terra, che sempre posava accanto alla porta ogni sera quando rientrava, il cui contenuto aveva però modificato. Non più le chiavi di quella casa ma, al loro posto nella cerniera interna, tanti piccoli tagli di denaro, racimolato nel tempo con molte piccole rinunce facendo sempre attenzione a non destare sospetti. Poi, un cambio di biancheria intima, perché Elena odiava indossare qualcosa che non profumasse di bucato.
Quell’odore, fastidioso, intenso, non l’avrebbe mai più subìto.
“Che ci fai qui dentro, con queste mani?” le aveva chiesto Lorenzo sorridendo e sfiorandogliele con gentilezza per attaccare discorso.
“Lavoro, ma amo disegnare” gli aveva risposto Elena impacciata ma stupita e affascinata da quel ragazzo che ne aveva, unico fra molti, notato la forma aggraziata.
Lo aveva conosciuto sei anni prima, servendogli una birra nel locale dove lei lavorava nel tentativo di guadagnare qualche cosa per pagarsi quel corso. Avrebbe voluto  diventare una stilista, disegnare abiti per donne fortunate. Elena era capace di trasformare un tovagliolo di carta in un piccolo quadro. Matita o penna che fossero li domava, assoggettandole alla propria capacità e fantasia.
Una storia iniziata così, come mille altre nate quelle in borgate periferiche.
“Non vi erano quei palazzi alti, li hanno costruiti dopo” pensò gettando un’occhiata all’esterno. Ma lo specchio all’ingresso le rimandò, facendola quasi trasalire, la figura di Lorenzo, il quale, pancia all’aria e bocca spalancata, russava fragorosamente. Non si sarebbe mai abituata alle sue sbornie.
“Stai esagerando Lorenzo” gli aveva detto Elena, dopo solo un anno di convivenza.
Non era un compleanno o una data da ricordare, eppure Elena non la poté mai più dimenticare.
Lorenzo, con il suo grosso palmo sudato e lo sguardo carico di rancore, l’aveva colpita con tale violenza che Elena era stata costretta ad assentarsi dal lavoro e rimanere, per una settimana, chiusa in casa perché nessuno potesse mai chiederle cosa fosse successo. Il suo viso aveva cambiato colore ogni giorno, prima di tornare a quello naturale. E il suo cuore non era più stato tranquillo. Batteva, s’interrompeva, riprendeva, lei lo sentiva agitarsi nel suo magro torace, era lì per ricordarle la delusione e la paura di avere incontrato quel ragazzo. L’illusione, la fede o chissà che, le impedì  tuttavia di ammettere che non sarebbe riuscita a cambiarlo. Ma non vi è amore femminile che riesca a fermare una mano maschile violenta. Ci impiegò cinque anni a capirlo. Cinque anni che percepì come fossero dieci.
Persino quel calcio là, ben assestato nelle reni, e poi il sangue, la triste conferma che la sua prima gravidanza si era così interrotta. La prima ma anche l’ultima.
Silenzio, nel cuore, non confidare a nessuno le regole di quella prigionia, non chiedere consiglio, ma trovare in se stessa la forza di capire, di analizzare, di riflettere … di andarsene.
Lorenzo aveva conservato un  unico pregio ai suoi occhi, quello di averle fatto comprendere la propria forza interiore, della sopportazione prima e della ribellione dopo.
Elena aveva finalmente smesso di credere alle favole, consapevole che, come nel bosco vi sono pericoli, così la città è un enorme bosco di cemento dentro al quale si nascondono animali aggressivi come Lorenzo.
La luce del primo raggio, quella mattina, cercandosi strada tra le fessure delle persiane, infastidì però  il buio del sonno di lui, che movendo la propria mole, si mise a chiamarla, ripetendo il suo nome  in modo strascicato e meccanico.
“E’ ora di muoversi” ripeté spaventata di nuovo a ste stessa, chiudendosi la porta alle spalle e volando giù per quei gradini fatiscenti nel modo più silenzioso e veloce possibile.
Cinque piani con il cuore sospeso, cinque anni di sbalzi, come un tracciato impazzito.
I marciapiedi ancora deserti, sembravano indicare meglio il percorso verso quei palazzi alti, che Elena aveva tante volte osservati come fossero stati  un miraggio irraggiungibile.
Un brivido le attraversò la schiena, l’emozione che solo un’alba o un momento di paura superata possono regalare, poi infine un respiro rigenerante la soprese.
“E’ ora di muoversi. Verso la libertà” ripeté a se stessa osservando le linee geometriche di quell’orizzonte mattutino.


lunedì 28 aprile 2014

[provini WirtersXfactor] Annalisa Rizzi

Nome: Annalisa Rizzi
Età: 35 anni
Provenienza: Taranto


La Caduta

L'aurora rischiarava le sagome dei palazzi della città. Iniziava ad albeggiare e una luce brillante rendeva tutto più definito, netto. La notte stava ritirando veloce il suo buio, come se il sole prepotente volesse scacciar via le tenebre. Elena socchiuse gli occhi e respirò a fondo l'aria ancora frizzante della notte. <<E' ora di muoversi>>, disse.

Guardai la mia sorella maggiore di due anni che armeggiava con gli spallacci dello zaino. <<Ele, non sono certa che possa funzionare.>>
Lei si fermò. I suoi capelli ramati parevano accendersi alle prime luci dell’alba. Non ero certa che i miei, del suo stesso colore, potessero fare un simile, meraviglioso effetto. <<Pamela, se hai un’idea migliore ti ascolto>>, rispose aggrottando le sopracciglia. <<Ma, come vedi, non mi sembra che abbiamo molta scelta.>>
Mi guardai attorno. La strada di periferia era deserta, ma non era per via dell’ora. Era deserta ormai da giorni, come – apparentemente - il resto del mondo.
Quattro giorni, per la precisione.
Ed era successo tutto così, senza che ce ne fossimo accorte. Una mattina ci risvegliammo, e i nostri genitori non erano nella loro camera, né in nessun’altra stanza della casa. Tentammo di rintracciarli al cellulare, ma senza risposta. Provammo altri numeri, compresi quelli del pronto intervento e bussammo alle porte dei vicini, senza esito nell’uno o nell’altro caso; uscimmo in strada, ma non incontrammo nessuno.
Neanche radio e TV funzionavano.
Per quello che ne sapevamo, tutta l’Umanità era scomparsa nel nulla, lasciandoci orfane in quella solitudine inspiegabile e spaventosa.
All’inizio mi lasciai prendere dal panico: piansi e gridai. Ma Elena – naturalmente, e chi altri? Sempre Elena, l’impeccabile, sicurissima, lodevole Elena – mi scosse e mi fece tornare in me. Prese in pugno la situazione: aveva deciso per entrambe.
Preparammo gli zaini con l’essenziale (il tutto stilato nei minimi dettagli da lei, si capisce) e uscimmo, senza tralasciare gli affilatissimi coltelli da cucina che la mamma teneva in un cassetto.
Ed ora non potevamo che vagare, dall’alba al tramonto, in cerca di qualcuno.
Osservai l’espressione contrariata di mia sorella. <<E se… non fosse rimasto nessuno?>> Azzardai.
Elena scosse la testa. Tirò fuori dallo zaino un apparecchio VHF portatile e lo accese sul canale 16. <<Ascolta: non so se ci sia qualcuno o meno. Non so cosa sia successo e perché. Ma se è rimasto qualcuno, ci conviene cercare. Potremmo rimanere a casa, aspettando che qualcosa cambi. Ferme per anni magari, senza risolvere nulla. Ma…>> fissò lo sguardo dritto nei miei occhi <<se facessimo così, credo che nell’attesa impazzirei.>>
Mi guardai i piedi. <<Già>> ammisi <<immagino che impazzirei anch’io.>>
Ci dirigemmo alle biciclette lasciate poco lontano. La sera prima, assicurandole con la catena e il lucchetto, suscitai lo scherno di mia sorella. <<Non credo che ci sia il rischio che ce le rubino>> disse.
Ma era un’abitudine. Una delle tante a cui non volevo rinunciare. Per lo stesso motivo per cui continuai a scegliere un bagno lungo la strada che percorrevamo, oppure a nascondermi per cambiarmi i vestiti. Se avessi perso queste accortezze, temevo che avrei perso anche se stessa.
Mi scocciava ammetterlo, ma avere Elena vicina era una fortuna immensa. I rapporti fra di noi non erano mai stati idilliaci, ma in quel momento ero incredibilmente grata della sua vicinanza. Non so cosa avrei fatto se non avessi avuto lei. Se non avessi avuto nessuno.
Cominciammo a pedalare, in silenzio.
La strada lasciò la città e pian piano iniziò a serpeggiare nella campagna. Tutt’attorno il verde riluceva al sole primaverile.
Non avevamo una meta precisa: Elena voleva andare, tutto qui. Ed io con lei.
Il VHF emetteva di tanto in tanto qualche scarica elettrostatica che ci faceva sobbalzare… ma per il resto, taceva imperterrito. L’orizzonte era limpido e deserto.
<<Fermiamoci su quella piazzola>> proruppe Elena nel silenzio, quando l’aria calda cominciò a serrare le gole. <<C’è un po’ d’ombra.>>
Ci dividemmo una bottiglietta d’acqua, tracannandola come due assetate nel deserto. Il sole ormai picchiava duro.
<<Se non sbaglio, c’è una stazione di servizio più avanti>> Esordii. <<Mi sembra che ci sia anche un bar. Non credo che qualcuno protesterà, se prendiamo qualcosa.>>
Elena mi sorrise. Fu il primo vero sorriso che mia sorella mi rivolgeva da quando ci eravamo svegliate quattro giorni prima… O forse da più tempo ancora, riflettei. Elena non mi sorrideva così da non ricordo quanto.
<<Bene!>> Mi rispose allegramente <<Allora andiamo a vedere se c’è qualcosa di buono!>>
Si rimise in sella e cominciò a pedalare.
La seguii. Pedalai con vigore per raggiungerla, fino a che, inspiegabilmente, persi l’equilibrio e caddi.
Non ho mai provato nulla di più orribile. Caddi per un periodo senza tempo. La vista si annebbiò e le orecchie cominciarono a ronzare, mentre coglievo l’ultimo debole eco della voce di Elena che mi chiamava.
Fu come se venissi risucchiata in un buco nero, apertosi improvvisamente sotto di me. Sentivo il mio corpo perdere qualsiasi appiglio e precipitare, senza poter più fare affidamento su udito e vista.
Cadevo e cadevo e cadevo e cadevo.
Stavo lasciando Elena da sola, precipitando in un vuoto che non sapevo dove mi avrebbe condotto.
Sto ancora aspettando di saperlo.
Sto ancora cadendo, rinchiusa dentro me stessa. In questa caduta non ho fatto che domandarmi se è successa la stessa cosa anche a tutti gli altri. Se anche loro stanno cadendo. Se prima o poi finirò da qualche parte.
Se Elena sta ancora pedalando, diretta verso chissà dove.

Se prima o poi la rivedrò.

domenica 27 aprile 2014

Libro sospeso: per la prima volta online con le Edizioni Arpeggio Libero

Amici, anche oggi vi scrivo per segnalarvi una bellissima realtà che ha preso piede sul web.

Tutti forse conoscono l'antica tradizione napoletana (e non belga, come vuole qualche rumor della rete) di lasciare un caffè pagato al bar, il cosiddetto Caffè Sospeso, per far sì che anche i più poveri potessero godere, gratuitamente, di quel piccolo momento di piacere.

Bene, in questi tempi di crisi economica e anche culturale, è bello poter dire che questa forma di solidarietà si è riproposta in tutta Italia, a partire dal caffè fino a declinarsi nelle forme più impensate, arrivando a coinvolgere intere cene pagate... e addirittura dei libri!

Ebbene sì, in questa nostra Italia che sembra non legga e non voglia leggere, a qualcuno è venuto in mente di lasciare in sospeso per chi ne avesse fatto richiesta non un caffè bensì un libro.
E' successo nella libreria "Il mio libro" di Milano, quasi per gioco, e il fenomeno è subito diventato virale, attirando l'attenzione di stampa, pubblico e media [trovate tutta la storia qui].

Bellissimo, no? Eppure, mi direte voi, nelle librerie della mia zona non ho visto nessun post-it "sospeso", come faccio?

In primis, un consiglio che mi sento di dare a tutti quelli che vedono belle idee non applicate: iniziate voi. Serve sempre qualcuno che inizi la catena, che faccia cadere la prima tessera del domino per scatenare poi un circolo virtuoso.

La seconda, più semplice e più immediata, è che per la prima volta una casa editrice ha pensato di applicare questo format anche al web.

Parliamo delle Edizioni Arpeggio Libero, una dinamica casa editrice lodigiana che, fiera del proprio essere piccola e indipendente, non perde occasioni per distinguersi in idee fresche e moderne, di cui vi parlo anche qui.

E proprio sul sito della casa editrice, a cui potete accedere tramite questo link, nasce una sezione speciale: il libro sospeso. 

Libro SospesoPotete richiedere un libro dalla lista di quelli lasciati in sospeso da anonimi donatori oppure - ed è quello che vi consiglio - lasciare voi stessi un libro in sospeso, scegliendo l'apposita voce nelle modalità di spedizione del vostro acquisto.

Il tutto, insomma, si svolge in maniera semplice, efficace e soprattutto anonima: l'identità del donatore infatti è segreta a tutti, così come quella di chi ne fa domanda. Sull'accattivante interfaccia del sito si vedrà semplicemente la lista dei libri sospesi accrescersi ad ogni nuova donazione, lasciando traccia anche degli scambi avvenuti a testimonianza della generosità del web.


E vi assicuro che guardare quella lista, pensando alla quantità di cultura e di bellezza che si è trasferita in maniera del tutto gratuita e spontanea, è uno spettacolo che scalda il cuore e che fa venir voglia di collaborare in prima persona. Basti sapere che gli autori di mEEtale, una piattaforma di self-publishing, hanno deciso di destinare in libri sospesi i diritti d'autore collettivi delle due raccolte finora edite, "3013 per un bacio abbandonato" e "Piccoli racconti plausibili".

Ora che sapete tutto, quindi, non vi resta che fiondarvi anche voi sul sito e diventare partecipi del fenomeno che è destinato a rivoluzionare il web!

Perché, diceva Eduard Leon Word, "Se non dai nulla non lasci nulla. Dare è come prolungare se stessi nel tempo e nello spazio".
E quando il dono in questione è un libro, l'effetto non può essere che maggiore!

[provini Writers Xfactor] Anna Cattaneo

Nome: Anna Cattaneo
Età: 52
Provenienza: Bozzolo (Mn)

ELENA E RUFUS

nonum kal. Septembres


L'aurora rischiarava le sagome dei palazzi della città. Iniziava ad albeggiare e una luce brillante rendeva tutto più definito, netto. La notte stava ritirando veloce il suo buio, come se il sole prepotente volesse scacciar via le tenebre. Elena socchiuse gli occhi e respirò a fondo l'aria ancora frizzante della notte. «È ora di muoversi», disse.

Le strade, a quell’ora del mattino, erano quasi deserte; Elena aveva percorso a rapidi passi la vie che si snodavano fra le insulae che sorgevano accanto alla Porta Nolana; giunta sul decumano che conduceva alla Porta di Stabia, aveva rallentato il passo. Si guardò attorno e vide solo qualche pescatore, costoro erano fra i primi a giungere in città con la speranza di vendere la propria mercanzia, dalle loro espressioni, felici o imbronciate, si poteva capire se la pesca era stata fruttuosa o povera.

Dopo aver imboccato il decumano in direzione sud la donna si volse, aveva udito un rumore di calzari farsi sempre più vicino, poco dopo un uomo avvolto in una toga di pesante stoffa pregiata la raggiunse e la superò correndo.
Ha fatto tardi in un lupanare per patrizi” pensò e sorrise.

Il suo pensiero corse a due anni prima, quando era giunta in città al seguito di suo zio, un mercante. Lei, greca, era stata scambiata per una lupa.
«Che altro mestiere fate nel vostro Paese se non prostituirvi» l’aveva apostrofata, sprezzante, un giorno, una serva mentre acquistava delle frittelle da un venditore ambulante, poco distante dal tempio della Fortuna Augusta.
Già in questa stupida città i lupanari sono pieni di greche e allora tutte le greche sono lupe” scosse la testa, quasi volesse scacciare quello stupido pensiero.

Ancora pochi passi e sarebbe giunta nei pressi della caserma dei gladiatori che sorgeva a meno di due stadi dalla Porta di Stabia.
Era lì che il suo Rufus le aveva dato appuntamento e si sarebbero salutati. L’uomo, il suo uomo, sarebbe stato lontano da lei, così la aveva promesso, solo per pochi giorni.
Rufus era stato incaricato di raggiugere la flotta a capo Miseno e informare il comandante delle conclusioni alle quali era giunto dopo due settimane di intenso lavoro e di raccolta di prove e testimonianze sul mal funzionamento dell’acquedotto che da qualche tempo assillava la città.

«Avrò l’onore di incontrare il Prefectus classis Misenis» le aveva detto con orgoglio.
Rufus aveva usato parole di grande rispetto per quel comandante militare; lo aveva descritto come un uomo di grande saggezza.
Quella dolorosa separazione sarebbe stata però il preludio a una nuova vita, Elena e Rufus sarebbero presto partiti per Roma. Il suo Rufus, in qualità di librator, aveva terminato l’ispezione all’acquedotto ed era pronto a ripartire per la capitale con il suo carico di notizie e una lunga relazione sul malfunzionamento dell’acquedotto. Avrebbe formulato una serie di ipotesi sulle ragioni di quel guasto. Le aveva spiegato tutto questo ed Elena, paziente, lo aveva ascoltato, pur non capendo nulla di ciò che per Rufus era chiaro. La donna sapeva soltanto una cosa, al ritorno dalla visita al Prefectus a capo Miseno da sarebbero partiti alla volta di Roma.

Giunta nei pressi della Caserma dei gladiatori scorse Rufus che la attendeva, il cuore di Elena accelerò i battiti mentre si precipitava fra le braccia dell’uomo che la strinse a sé senza pronunciare parola.

«Rufus, promettimi che la nostra separazione non durerà che poche ore».
«Sarò di ritorno prima dell’ hora settima» fu la risposta di Rufus.
Il giovane, poi, secondo il suo costume, volle sdrammatizzare e aggiunse: «Come disse un giorno Seneca “Non posso dirti l’ora con certezza; è più facile mettere d’accordo i filosofi che non gli orologi”1».
Elena rise e lo abbracciò ancora una volta.
«Elena ti affido questa» disse Rufus consegnandole una piccola pergamena sulla quale aveva tracciato alcuni schizzi e una data, «mi serviranno quando ritornerò da Capo Miseno».

Elena guardò quegli schizzi, incuriosita, non comprendeva nulla dei segni tracciati da Rufus sulla pergamena ad eccezione della data:
POMPEII Dies Martis nonum kal. septembres DCCCXXXII AVC2




1 “horam non possum certam tibi dicere; facilius inter philosophos quam inter horologia convenit”

2 La data è quella del 24 agosto 79 d.C. tristemente famosa per l’eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei, Ercolano, Stabia e durante la quale trovò la morte Plinio il vecchio.

sabato 26 aprile 2014

[eventi] Comitato d'onore per il concorso San Giorgio e il drago, il libro e la rosa



Carissimi lettori,
oggi voglio parlarvi di un bell'evento a cui ho avuto l'onore e il piacere di prendere parte.

Prendete una bella cittadina di circa 30.000 abitanti, Sezze Romano. Prendete una scrittrice e insegnante piena di iniziativa, M.Carla Gabellini. Prendete tanti bambini e adolescenti pronti a dar sfogo alla propria fantasia attraverso poesie, racconti, saggi brevi, video.

Nasce così, con il patrocinio di Don Paolo Spaviero, il Premio Letterario "San Giorgio e il drago, il libro e la rosa", che arriva quest'anno alla seconda edizione e raggiunge portata nazionale.

Un nome suggestivo che rimanda alla leggenda di S.Giorgio che, uccidendo un drago per salvare una fanciulla, vedrà dal suo sangue nascere una rosa. E proprio il giorno della festa di San Giorgio ricorre la Giornata Mondiale del libro e dei diritti d'autore. Quale occasione migliore quindi per premiare i vincitori del concorso?

L'evento si è svolto all'insegna della cultura a 360°: alle letture dei premiati si alternavano esibizioni musicali dei giovani ma talentuosissimi studenti del liceo musicale di Latina, nella fattispecie Jonathan Ginolfi alla chitarra, Davide di Rienzo al pianoforte e il virtuosismo congiunto di Chiara Baldini, Fiorenza Maione e Mariagrazia Titi rispettivamente a violino, violoncello e pianoforte.

La giuria era composta dall'ideatrice del concorso, M.Carla Gabellini, dalla pedagogista e scrittrice Anna Castrucci, dall'insegnante Fiorella Moretti, dalla poetessa Isabella Battaglia Berti e il professor Danieli Maurizio, che hanno designato i vincitori e consegnato loro i premi insieme ai membri del Comitato d'Onore: Maria Teresa Mukamitsindo, presidentessa dell'associazione Karibù per il sostegno dei rifugiati politici, Salvatore la Penna, insegnante e critico letterario, Piero Altobelli, dirigente del liceo musicale, e udite udite, anche la vostra Marta Tempra in qualità di scrittrice.

Un pomeriggio piacevolissimo, a cui sono intervenuti moltissimi tra scuole, insegnati e popolazione, e che ci ha dimostrato una cosa, in questa nostra Italia apparentemente allo sbando: anche senza dispiego di mezzi ed appoggi politici, bastano professionalità e spirito di iniziativa per trasformare una bella idea in una splendida realtà.


giovedì 24 aprile 2014

[Provini Wirters Xfactor] Francesca Faramondi

Nome: Francesca Faramondi
Età: 32
Provenienza: Roma


FUGA D'AMORE

L'aurora rischiarava le sagome dei palazzi della città. Iniziava ad albeggiare e una luce brillante rendeva tutto più definito, netto. La notte stava ritirando veloce il suo buio, come se il sole prepotente volesse scacciar via le tenebre.
Elena socchiuse gli occhi e respirò a fondo l'aria ancora frizzante della notte.
“È ora di muoversi” disse.
“A quest'ora siamo svegli solo io, lei e un paio di galli insonni” brontolò l'uomo alle sue spalle.
Elena avrebbe voluto fulminarlo con un'occhiataccia, ma quando si voltò vide che a dispetto delle parole e dell'aria indolente con cui le aveva pronunciate, l'uomo era pronto a partire.
“Dobbiamo sfruttare ogni istante di luce” ribatté, allora, con un tono forse un po' troppo saccente.
“Ne va della salvezza del mondo!” aggiunse l'uomo con enfasi, scoppiando a ridere.
Anche Elena avrebbe sorriso, se le parole appena pronunciate non fossero state così dannatamente vicine alla verità.
Mentre camminavano silenziosamente sulle polverose stradine che conducevano lontano dalla città, verso il porto, Elena ripensò a come era giunta a quel punto.
Si era innamorata.
Bastava questa frase a giustificare quello che stava per fare e quello che, molto probabilmente, ciò avrebbe comportato?
Non lo sapeva...ma non poteva farci niente.
Era sposata da diversi anni, ma il suo era stato solo un matrimonio di convenienza...un matrimonio per sigillare un'alleanza.
Non amava suo marito.
Aveva creduto che un giorno, forse, ci sarebbe riuscita...ci aveva creduto veramente, almeno fino a che i suoi occhi non si era posati su di lui.
Dio, era di una bellezza quasi sfacciata.
Alto, con una zazzera bionda arruffata, gli occhi magnetici ed opalini, il sorriso sfacciato e impudente sempre stampato su quel volto dai lineamenti delicati, quasi effeminati.
Cupido aveva scagliato la sua freccia non appena i loro sguardi si erano sfiorati.
Si erano incontrati durante una cena ufficiale, lui era in missione diplomatica.
Erano i primi giorni di autunno, le foglie cadute sembravano farfalle morte con le ali spalancate.
Le era passato accanto, sfiorandole un braccio.
Lei lo aveva guardato e in silenzio lo aveva seguito, così senza domande, senza presentazioni…quelle erano venute in seguito, quando già non avrebbe più potuto immaginare una giornata senza i suoi occhi.
Ed ora eccola qui, a sfidare il destino, pur di stare con l'uomo a cui sapeva di appartenere.
Elena era così presa dai suoi pensieri che non si accorse che l'uomo davanti a lei si era bruscamente fermato.
“Ma che diavolo...” esclamò, sbattendo contro la sua schiena.
L'uomo alzò la mano facendole segno di tacere.
Elena stava per ribattere che non poteva trattarla in quel modo, quando vide che l'uomo aveva afferrato il coltello che portava con sé e lo stava puntando verso un cespuglio pochi metri più avanti.
Trattenne il fiato.
Lo sconosciuto le aveva salvato la vita già una volta, la sera prima, alle porte della città.
Era stata aggredita da una banda di malviventi e se quell'uomo non fosse intervenuto, lei probabilmente sarebbe morta.
Tremò al ricordo.
“Non dovrebbe andare in giro da sola” l'aveva rimproverata, una volta al sicuro.
“Devo raggiungere il porto” aveva balbettato, ancora sotto shock.
“Bene e allora sarò la sua scorta!”
Elena non aveva avuto la forza di controbattere, sicura che con le prime luci dell'alba l'uomo l'avrebbe lasciata sola per seguire la sua strada...e invece era ancora qui, a proteggerla.
Dal cespuglio, all'improvviso, emerse un coniglio che li guardò curioso, prima di zampettare via.
L'uomo sorrise e si rilassò.
Quando si voltò vide Elena seduta per terra, tremante.
“Cavolo, mi ha fatto prendere un colpo”
“Era solo un coniglio” disse l'uomo, aiutandola a rialzarsi.
“Ma nemmeno lei lo sapeva, visto che lo ha affrontato armato di tutto punto” ribatté piccata.
L'uomo scrollò le spalle e si rimise in marcia, ma poco dopo si accorse che Elena non lo stava seguendo.
“E ora che le prende?”
“Non ricordo il suo nome”
“Non ricordo di averglielo detto!”
Elena incrociò le braccia e lo fissò.
Era un uomo alto e imponente, con le spalle larghe e il collo taurino. Aveva la carnagione olivastra e due profondi occhi neri. Nonostante l'aspetto minaccioso, però, emanava sicurezza.
“Mi sento in forte imbarazzo...lei sa benissimo chi sono io, mentre io...”
“Sfido” ribatté l'uomo, sfoderando un sorriso disarmante “Credo che chiunque in questo paese, ma anche nei paesi vicini, sappia chi è lei. Mi scusi se glielo dico, ma con quel travestimento non ingannerebbe nemmeno un cieco. Non basta un cappuccio per nascondere una simile bellezza”
Elena arrossì per l'inaspettato complimento.
“Se non vuole dirmi il suo nome, mi dica almeno perché mi ha salvato e perché mi sta scortando”
“Perché gliel'ho chiesto io” esclamò qualcuno alle sue spalle.
Non ebbe bisogno di voltarsi...quella voce, l'avrebbe riconosciuta ovunque.
“Oh fratellino sei arrivato...la tua bella è un vero peperino!”
Elena guardò i due uomini: non si somigliavano per niente.
Scrollò il capo...in questo modo il cappuccio cadde rivelando una massa ondulata di capelli, dorati come un campo di grano.
Elena corse dall'uomo che amava e si gettò tra le sue braccia.
“Paride, amore...mi devi una spiegazione!” disse, dopo averlo baciato appassionatamente.
“Andiamo, credi davvero che ti avrei fatto attraversare tutto il paese da sola?!”, poi indicando l'uomo che l'aveva scortata, aggiunse: “Elena ti presento Ettore, mio fratello!”
L'uomo si inchinò con fare ossequioso strappandole un sorriso.
“Sei pronta a cominciare la tua nuova vita?” le domandò Paride, stringendola forte a sé.
Elena fece un segno con il capo.
Sì...era pronta...da quel momento in poi sarebbe stata Elena di Troia.



sabato 12 aprile 2014

Letti per voi - Davide Schito

Buonasera a tutti i lettori.
Torna oggi la rubrica Letti per voi con l'opera di un giovane ma talentuoso autore milanese.

Parliamo di Davide Schito, che ha esordito proprio quest'anno con una raccolta di racconti, "Punto di non ritorno", che potete trovare su Amazon e di cui parlerò nel prossimo articolo.
Ma soffermiamoci prima dell'autore.


Davide nasce nel 1983 a Milano ed a questa città, in cui vive tuttora, rimarrà sempre fortemente legato. Non a caso proprio Milano, nei suoi aspetti più nascosti e inquietanti, è spesso scenario prediletto dei suoi racconti, che pur partendo da una connotazione fortemente reale sfumano spesso nel surreale e nel mistery

Nonostante la vita e gli studi lo portino ad assumere la qualifica di ingegnere, l'amore per lo scrivere non poteva rimanere sopito a lungo: tra il 2011 e il 2014, Davide inizia infatti a mandare i suoi racconti a vari concorsi, accumulando un invidiabile curriculum di vittorie e piazzamenti ed ottenendo anche l'inserimento in diverse antologie cartacee e digitali. Forte di questi numeri, Davide continua la sua avventura e nel 2012, la casa editrice Milanonera pubblica "L'uomo spaventato", ambientato proprio in quella Milano che sotto la sua penna si tinge di thriller e di noir, e che potete trovare sempre su Amazon a questo link

Il successo di pubblico e critica spingono Davide a compiere un passo importante: agli inizi di questo anno, infatti, raccoglie i suoi racconti più premiati e cura personalmente la nascita del suo primo ebook personale, "Punto di non ritorno", lanciandolo sul web.

Davide Schito quindi è un self-publisher, e vorrei dire due parole al riguardo. 
Per chi non ne sia al corrente, questo termine sta ad indicare scrittori che decidono di muoversi in maniera indipendente da una casa editrice e di gestire personalmente la pubblicazione del proprio libro o ebook, dalla fase creativa a quella di editing, dalla grafica della copertina al marketing della promozione.
Un lavoro da gestire tutt'altro che indifferente, e se per alcuni autori l'autopubblicazione rappresenta una scorciatoia, il lavoro di Davide Schito testimonia che può essere anche un mezzo per permettere a scrittori validi di far conoscere il proprio talento. 

Chiudo qui lasciandovi il link per l'appunto di un portale di self-publishing, mEEtale, in cui Davide ha inserito dei racconti in lettura gratuita che potete leggere in attesa della recensione di "Punto di non ritorno", tra qualche giorno su questo blog.
A presto!

giovedì 10 aprile 2014

[Provini WritersXfactor] Alessia Nolli

Nome: Alessia Nolli
Età: 32
Provenienza: provincia di Monza e Brianza



IN PUNIZIONE

L'aurora rischiarava le sagome dei palazzi della città. Iniziava ad albeggiare e una luce brillante rendeva tutto più definito, netto. La notte stava ritirando veloce il suo buio, come se il sole prepotente volesse scacciar via le tenebre. Elena socchiuse gli occhi e respirò a fondo l'aria ancora frizzante della notte. «E' ora di muoversi», disse.
Si erano appostati per diverse ore, e il cambio della guardia sarebbe avvenuto di lì a dieci minuti. La squadra si era preparata a lungo nei giorni precedenti, per riuscire a trovare una falla nel sistema di sicurezza della villa.
I primi raggi di sole fecero capolino dietro i lontani grattacieli, segnale certo di procedere con la tabella di marcia.
«Il primo gruppo pensi all’azione di disturbo, noi quattro proseguiamo verso l’ingresso dei domestici.» Tre uomini si allontanarono con passo felpato, accucciandosi vicino a un cassonetto verde oliva. Trafficarono per qualche minuto con gli zaini, poi buttarono dei piccoli oggetti nella spazzatura e oltre il muro della grande casa.
Gli scoppi in rapida successione attirarono l’attenzione delle guardie all’entrata, che si allontanarono di corsa in direzione del rumore. Erano addestrati a sparare prima di chiedere le generalità.
Nessuno poteva avvicinare il sindaco, e le misure di sicurezza erano state aumentate da quando c’era stato un attentato qualche mese prima.
Ma Elena era decisa a entrare in quella casa-fortezza, conscia dei pericoli e della possibilità di non riuscire a uscirne mai più. La piccola Sara era prigioniera nelle segrete della villa, vittima della voglia del sindaco di punire Elena per i suoi errori.
Era stato un caso, non aveva voluto davvero infrangere le regole, ma era successo, e il sindaco gliel’avrebbe fatta pagare cara.
«Perché tua sorella è prigioniera in quel lurido posto?» chiese uno dei ribelli che aiutavano Elena nel salvataggio.
«Io e Sara lavoravamo come cameriere tuttofare in questa casa, e avevamo un’unica regola: non entrare mai nella stanza rosa del primo piano.»
«E tu invece ci sei entrata? Cosa c’era al suo interno?» Elena sospirò, prendendo tempo e guardando verso il giardino fiorito davanti alla casa.
«Un segreto inconfessabile, qualcosa che il sindaco non vuole far sapere ai suoi concittadini.» Quel pomeriggio era salita a pulire le stanze del primo piano, ma aveva finito prima, fermandosi un attimo in corridoio.
La porticina rosa la chiamava, come un potente incantesimo. La curiosità aveva vinto, così la giovane si era avvicinata al legno laccato. Nessun rumore si udiva al di là della porta, nessun movimento strano.
La maniglia si era abbassata con facilità, rivelando una grande stanza piena di giochi e oggetti per neonati.
C’era però qualcosa di sbagliato in tutto ciò che Elena guardava, era tutto più grande, come se un adulto potesse usare tranquillamente quegli oggetti, tornando a essere un pargolo di pochi mesi.
Mentre era ipnotizzata da quello spettacolo, una mano si era appoggiata sulla spalla di Elena, facendola saltare per aria con un urlo strozzato.
Il viso iracondo del sindaco era irrigidito in un finto sorriso accondiscendente. «Perché ti trovi qui piccola Elena? Perché ti ribelli alle mie regole?»
La giovane aveva balbettato, terrorizzata, non riuscendo ad articolare una frase di senso compiuto. Il sindaco tiranno l’aveva guardata, prima di sputare la sua sentenza.
«In punizione.» Elena vide una guardia del corpo di nero vestita, avvicinarsi pericolosamente al suo braccio con delle manette nella mano destra.
Non poteva essere vero, non doveva permettere loro di farle del male. Doveva fuggire.
Con le ali della paura, e la mente lucida dall’odio per quel sindaco autoritario, Elena svicolò tra i due uomini, scivolando via come un’anguilla.
«Prendila, prendila. Mettila in punizione.» La rabbia trattenuta a stento eruttò dal sindaco in urla, gesti inconsulti e piagnistei. Sembrava un bambino che non aveva avuto il giocattolo del momento.
Il tono di voce era aumentato alla fuga della giovane cameriera, diventando stridenti urla rabbiose. Elena correva come il vento scendendo scale, uscendo da porte secondarie, nascondendosi tra gli alberi del parco, fino a un grande ciliegio vicino al muro di cinta.
Vi si era arrampicata in un lampo, scavalcando la parete di mattoni. Era scesa in strada, allo scoperto, e doveva trovare subito riparo e aiuto. Aveva corso nei vicoli del quartiere dei commercianti, arrivando senza fiato a casa dell’amico Carlo.
Lui l’avrebbe aiutata.
Si era creato un gruppo di dissidenti, che volevano rovesciare la dittatura del sindaco. Carlo ne era il capo, e da tempo cercava il modo per arrivare a lui.
Così Elena era stata ospitata in città, nascosta agli occhi delle guardie che pattugliavano i quartieri alla ricerca della cameriera fuggiasca. Dopo una settimana, il sindaco era apparso in televisione, annunciando in una conferenza stampa che Elena era una ricercata pericolosa.
«Metto una taglia sulla sua testa, perché lei possa essere riportata a me e messa in punizione. Chiunque mi porterà informazioni utili avrà una fornitura di cibo e vestiti extra, oltre a quelli dati nella distribuzione ordinaria.»
Era assurdo. Elena si sentiva braccata, e questo complicava le cose. Me non era ancora finita.
«Cara Elena, se mi stai ascoltando, ti chiedo di consegnarti spontaneamente. Potrai salvare dalle prigioni la tua giovane sorellina Sara. Ora lei è in punizione al posto tuo.»
Elena era rimasta senza parole, in piedi davanti al televisore di Carlo. Poi tutto era diventato buio, ed era svenuta. Quando si era ripresa, aveva chiesto aiuto ai ribelli, che ora si trovavano fuori dalla villa per salvare Sara e tutti quei prigionieri nelle grinfie del sindaco.
I suoi genitori sarebbero stati fieri di lei, da lassù. I ribelli avevano un piano preciso per colpire la dittatura, anche a costo di forti perdite. Elena era una di loro adesso, ed era davvero ora di muoversi.


Io sottoscritta ALESSIA NOLLI dichiaro che l’opera in concorso “IN PUNIZIONE” è frutto del mio ingegno e, contestualmente, autorizzo al trattamento dei dati personali ai sensi del D. Lg.n° 196/2003 per la tutela dello stesso. Autorizzo altresì, gli organizzatori del contest all’uso dell’elaborato per lo svolgimento dello stesso.
09/04/14

Alessia Nolli

sabato 5 aprile 2014

[eventi] Immaginando Immaginarium: flash mob letterario

Carissimi che mi seguite (spero), oggi vi voglio parlare di un bellissimo evento a cui ho appena partecipato.
Si tratta del flashmob fantasy "Immaginando Imaginarium", realizzato dall'associazione culturale Chimera in collaborazione con Altresì Laboratorio creativo e Spazio espositivo, nella città di Nepi.

L'evento si svolge in concomitanza con l'esposizione di design autoprodotto "Sogno diSegno",  nella suggestiva location che vedete in foto (consiglio: nelle grotte fa freddino, vestitevi adeguatamente).
La mostra contiene opere di tutti i tipi, ricavate da vecchi mobili, vinili, materiale di recupero per farne oggetti d'uso quotidiano, come borse e orologi, ed altri di puro design. Oltre a quadri, statue e ogni tipo di forma d'arte di cui potete vedere esempi qui.
L'esposizione resterà aperta fino a domenica 4 maggio, e vi consiglio davvero di farci un giro!


Ma torniamo a noi. Cos'è un flashmob? Per chi di voi non lo sapesse, si tratta di una manifestazione organizzata spesso sul web in cui un certo numero di persone si ritrovano, generalmente in un luogo pubblico, per fare qualcosa tutti insieme, che possa essere una coreografia, un'improvvisazione teatrale o addirittura una battaglia di cuscini (esiste, ed è a Roma: informatevi!).


In questo caso le persone in questione erano scrittori, e l'attività collettiva...scrivere! Appena arrivati, infatti, ci siamo accomodati alle nostre postazioni e ci è stata consegnata una traccia. Non qualche riga orientativa ma un vero e proprio mondo fantasy, fatto di tre regni, ognuno con caratteristiche ben definite (e nomi impronunciabili) spiegati nel dettaglio dalla traccia.

Tre ore per scrivere un racconto ambientato in questo magico regno, Imaginarium, senza limiti di spazio e fantasia: dopo un attimo (o un'ora) di iniziale perplessità e decifrazione della mappa, le dita hanno iniziato a correre veloci sulle tastiere, di pari passo con le storie nelle nostre menti.
Risultato? Per la scadenza, le ore 13:00, eravamo in pochi ad aver finito il racconto! Per fortuna era permesso dare gli ultimi ritocchi a casa, perché...verrà creata un'antologia! Potrete vedere come da uno stesso universo di fondo, ognuno di noi abbia creato una diversa storia.

Quello che più mi è piaciuto di questa giornata, oltre all'esperienza atipica e al racconto prodotto, di cui sono parecchio soddisfatta, è l'atmosfera che si è creata tra i partecipanti. Eravamo tutti scrittori "di professione", con qualche pubblicazione alle spalle e spesso e volentieri già assoldati da una casa editrice.
Un contest che in teoria ci vedeva concorrenti, in un mondo in cui gli esordienti sono pronti a saltarsi alla gola per un po' di visibilità, e invece c'è stata davvero condivisione degli spazi e dei tempi, abbiamo riso, discusso e parlato di noi in un clima sempre molto disteso e collaborativo. Alla fine ci siamo scambiati i contatti, con la promessa di rivederci presto.

Conclusione?
Non è vero che "in Italia non ci sono iniziative", che "gli scrittori sono tutti egocentrici" e che "non si guarda in faccia a nessuno per vincere". Oggi ho visto un gruppo di persone che per lo più non si erano mai viste, e che invece hanno condiviso senza competizione la loro passione: la scrittura.